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Selected Writings

Fluxus e il ‘daily life’ del villaggio globale

(da Enrico Pedrini, Fluxus e il ‘daily life’ del villaggio globale, in John Cage & Happening Fluxus, Galleria Vivita, Firenze 1986)

Il termine ‘post-industriale’ trova la sua prima affermazione nel 1958 da parte di Reisman. Alvin Toffler nel libro ‘The Third Wave’ afferma che nel decennio 1950-60 inizia un nuovo paradigma evolutivo che può prendere il nome di ‘era elettronica, era tecnotronica’ o anche ‘era dell’intelligenza artificiale’. Infatti nel 1956 nasce il termine ‘intellingenza artificiale’ da parte di Mc Carty della Stanford University. Le prime teorizzazioni sul modo di comprendere e non solo riconoscere il messaggio informativo, ossia di rappresentarlo come conoscenza e quindi di inferire induttivamente la pianificazione di un’azione, hanno portato ad una nuova evoluzione epistemologica.

La scoperta di Kornberg (1957), che ha aperto la possibilità di costruire in vitro una molecola di D.N.A. dopo che Watson e Crick ne avevano evidenziato il modello della struttura nel 1953, apre le porte allo sviluppo della genetica.

Nel 1957 ha luogo il primo volo spaziale senza uomo e hanno sempre più larga diffusione la televisione, il computer, la polaroid, la xerox, ecc La Teoria Quantistica, dopo i primi successi nel 1927 con il Principio di Indeterminazione di Heisemberg, il Principio di Complementarità di Bohr, la messa in discussione del determinismo causa-effetto, la nuova formulazione del concetto di materia quantica, l’apertura al campo della negatività mediante la dimensione dell’antimateria, ha sviluppato un vastissimo campo del sapere ed una nuova conoscenza, sulle cui basi gli artisti hanno potuto operare una dequalificazione delle immagini, un’invasione degli spazi e degli specifici. La cultura, rimasta ancora indietro rispetto alla tecnica ed alle nuove formulazioni della microfisica quantistica, si pone allora come camera di compensazione tra l’uomo comune ed il nuovo campo del sapere ed opera, attraverso una radicale rifondazione dell’immagine, quella grande rivoluzione epistemologica nel campo dell’arte che è rappresentata dalla possibilità di andar oltre al manufatto-quadro, alla tela ed al telaio, al disegno, al colore.

L’artista, trovandosi di fronte alla proliferazione continua e molteplice di nuovi linguaggi e di nuove conoscenze, si volge allora verso il foglio di carta, il frammento, la struttura minima, i codici linguistici, la discontinuità, l’interedisciplinarietà, i materiali poveri, il linguaggio del corpo, l’immagine fotografica.

Ed è soprattutto il movimento Fluxus, in cui confluiranno alcuni artisti del Happening, che porta avanti queste nuove possibilità linguistiche, rompendo con l’oggetto per porsi come azione e comportamento. L’arte, nella sua nuova immagine quantica, diviene documento, pratica, percorso, informazione ed il problema del valore si sposta dal campo estetico a quello etico.

Il 1962 può essere ricordato come l’anno che presenta più avvenimenti: nuove tematiche invadono la musica, la danza, il teatro. Si formano gruppi che poco dopo si sciolgono e si ricompongono, creando matrici per nuove azioni e nuovi happenings.

La società è in crescita e l’economia vive il periodo più florido della sua storia; gli indici economici di quegli anni lo testimoniano. Il grande espansionismo industriale e del consumo di massa, la grande urbanizzazione ed il massimo futuro che accompagnavano quegli anni di speranza sono vissuti dagli artisti come entusiasmo a rendere visibile il loro processo di appropriazione del segno urbano attraverso festivals, azioni, happenings, comportamenti.

Sotto la spinta del nuovo sapere ed in parallelo con esso, l’arte diviene per l’artista Fluxus il luogo totale, disponibile ad accogliere qualsiasi possibilità creativa, sia come personale proposta di se stesso, della propria fisicità, che come visualizzazione degli oggetti impiegati, a volte come utensili, nella comunicazione con gli spettatori. Attraverso la rimanipolazione e trasformazione, a volte violenta, dei media, quali gli apparecchi televisivi, radiofonici, le fotocopie, i giornali e dei mezzi, quali gli strumenti musicali e gli spazi scenici, gli artisti del Fluxus operano linguisticamente il recupero delle tecnologie allora dominanti.

Al di là dell’oggetto e del supporto, a cui si erano fermate alcune poetiche artistiche, quali il Nuovo Realismo e l’Azimut, questi artisti si spingono nell’indagine delle sacche del negativo, un campo non ancora esplorato, e tentano di rivelare una nuova quiddità che l’evento ha in sè: la totalità del quotidiano.

Un quotidiano che vive il nuovo mutamento radicale dei nostri rapporti con le cose e con gli altri: la perdita della consistenza materiale degli oggetti della percezione, diventati o che diventeranno, per una nuova sensibilità particolarmente diffusa tra gli abitanti della metropoli, veri e propri ‘immatériaux’, simulacri evanescenti e seriali. Ed è per questo che il movimento Fluxus, nella costante presa di coscienza dei livelli plurimi della vita, ha in sè l’irruenza e la volontà del cambiamento del mito, proprio dei Futuristi. Contrariamente a questo grande movimento dei primi del secolo, la cui azione era rivolta alla rappresentazione del dinamismo tecnologico e industriale della civiltà moderna, Fluxus volge la propria attenzione al ‘daily life’ del villaggio globale, alla megalopoli elettrica del futuro, fondata sul primato dell’informazione, dove il ruolo dell’uomo non è più legato alla fatica del lavoro, ma al tempo libero. Un quotidiano che sottende alla rinuncia al possesso di se stessi, all’unità della personalità, in favore della pluralità. Non esiste più un sè vero e proprio, ma diverse versioni tutte legittime di ciascuno. Siamo tanti individui, tanti ruoli, quante sono le situazioni e i giochi sociali entro cui siamo inseriti. L’individuo arriva ad immaginarsi fornito di diverse biografie possibili, declinabili al futuro, in forme e figure diverse. Si può essere tanti individui potenziali in uno, si può vivere in un mondo in cui si partecipa a più mondi vitali.

In tal modo può essere letta l’arte-gioco di Maciunas ‘la quale deve essere semplice, divertente, senza pretese, deve coinvolgere cose insignificanti senza richiedere alcuna abilità particolare (…), tutto può essere arte e chiunque può fare dell’arte’. L’arte-gioco di Fluxus è una retroguardia senza pretese, nè ha bisogno di opporsi all’avanguardia nella lotta per la supremazia. Si accontenta delle proprietà monostrutturali, non teatrali, di un fatto naturale semplice, di un gioco o di una gag. E’ un mélange di vaudeville, di gag, di gioco infantile, di Spike, Jones e di Duchamp’. E’ l’arte che ha perso il centro, la finalità del mercato, la confezione del prodotto, che non vuol essere qualcosa di preciso, di determinato, di durevole. E’ l’arte dell’Indeterminazione, della possibilità, del frammento, del precario, del tutto e nello stesso tempo inverso di tutto. L’infinita varietà di soluzioni corrisponde all’infinita varietà dei fenomeni particolari possibili. Fluxus è un’attitudine del possibile, come l’immagine quantica è una possibilità dell’indeterminato.

Prima del movimento Fluxus, gli artisti erano divisi da matrici culturali, da diverse poetiche, dalle diverse distanze geografiche. Fluxus vuole rompere queste divisioni, queste frammentazioni, per creare una comunità unica in cui tutti possono entrare ed uscire liberamente. Infatti questo movimento si presenta planetario, dall’America al Giappone, all’Europa, come un punto di riferimento di un’attitudine, di un modo di essere verso le cose, le persone, le istituzioni.

Attraverso lo scardinamento degli specifici artistici Fluxus diviene possibilità di sconfinamento ed apertura, che crea un flusso, ‘un movimento attraverso il quale l’arte acquista il movimento della vita’. L’arte non rappresenta più la realtà, ma coincide totalmente con questa. Non esiste più la pittura, la scultura, la poesia, la musica, bensì un evento che ingloba in sè tutte le discipine esistenti. Attraverso la nozione del tempo che deriva dalle dottrine orientali dello Zen, come susseguirsi incessante di attimi che qualificano non solo accadimenti straordinari, ma anche quelli più anonimi e quotidiani, il tempo dell’arte Fluxus rispetta la scansione del tempo della vita. E lo spazio, scavalcato il limite dello spazio istituzionale, quale il quadro e la galleria, diviene lo spazio della comunicazione sociale, estensibile all’infinito, che collega realtà diverse lontane fra loro. E in questi luoghi il mondo Fluxus contamina la poesia, la letteratura, la musica, l’architettura e li lega in un intreccio di rapporti e contaminazioni.

Firenze, questo luogo per elezione Fluxus, dove i musicisti della fine degli anni ’50 vivevano accanto ai teorici della fisica quantistica, visualizza meglio di qualsiasi altro centro queste interazioni. La Poesia Visiva, l’Architettura Radicale e i musicisti post-fluxus sono altrettanti anelli di queste relazioni.

Jean Marc Poinsot parlando della posterità Fluxus, afferma che questo movimento è stato un momento di eccezionale sperimentazione, comune all’America del Nord ed all’Europa, ed è all’origine di tutto quanto si è costituito come attualità artistica negli anni ’60 (con la solo eccezione della pittura minimale).

Più che manifestazioni effimere, Fluxus ha lasciato dietro di sè delle idee, un gran numero di idee pubblicate, che in gran parte verranno realizzate negli anni seguenti. Tagliare un tronco ha condotto alla Land Art, utilizzare una parola come materiale ha portato all’Arte Concettuale (Henry Flynt, 1961). L’arte d’azione trova ugualmente la sua origine negli eventi Fluxus.

Anche l’Arte Povera ha un grosso debito con questo Movimento. Fluxus ha rappresentato in massimo grado il dissolversi o quanto meno il rarefarsi della coscienza storica del ‘continuum’ in una coscienza antropologica con progressivo declino di ogni filosofia della storia, per sostituirla via via con l’idea di una esistenza vera come risoluzone del mondo (Lowith) a quello infine dell’esistenza utopica, dove il mondo non ha più un suo luogo, una sua definizione precisa, non può di concludere con l’affermazione che l’Happening & Fluxus, pur nelle sue diverse angolazioni, sia stato il referente più vicino e aderente al sapere quantistico, ma nel contempo abbia rappresentato una matrice generatrice di una nuova realtà, che trova molteplici forme espressive che si svilupperanno sempre più nell’era Post-Industriale o Tecnotronica.

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